Biblioteca Sormani

Il Giardino

Nella parte retrostante il Palazzo, dominata dalla facciata in stile neoclassico di Benedetto Alfieri, si estende il giardino.
La sua sistemazione risale alla fine del Settecento, quando la famiglia Andreani affidò il progetto a Leonardo Pollack, architetto austriaco allievo di Giuseppe Piermarini e amato dalla nobiltà milanese, per la quale realizzò fastosi palazzi secondo lo stile neoclassico diffuso nelle corti europee del tempo, tra cui spicca villa Belgiojoso, ora sede della Galleria d'Arte Moderna di Milano.

Il progetto segue lo stile romantico dei giardini all’inglese, che si caratterizza per una disposizione apparentemente casuale e “disordinata” degli elementi che lo compongono, tra i quali ricorrono vialetti tortuosi, dislivelli, pendenze, false rovine, macchie d’alberi disposte irregolarmente.

All’epoca il giardino aveva dimensioni maggiori di quelle attuali e confinava con quello dell’attiguo Collegio della Guastalla, da cui fu separato nei primi decenni del Novecento, con l’apertura della via Andreani e la costruzione di edifici residenziali lungo di essa.
Il giardino originario seguiva il corso allora scoperto del Naviglio ed era abbellito da alture artificiali, boschetti e addirittura da un piccolo corso d’acqua attraversato da un ponticello.

- visita virtuale del giardino -

 

 Un museo a cielo aperto

Negli anni immediatamente successivi alla sua sistemazione originaria il giardino fu la sede lombarda dell’Accademia dell’Arcadia, movimento letterario che si diffuse in Italia durante tutto il Settecento e che propugnava un ideale poetico di semplicità classica in risposta a quello che era considerato il “cattivo gusto” del Barocco. Il gruppo milanese si riunì nel giardino per alcuni anni, dopo essere stato ospitato per breve tempo nei giardini del vicino Palazzo Trivulzio e prima di trasferirsi presso il conte Pertusati.

Testimone di questo periodo è la statua ancora presente nella parte terminale del giardino, che riflette un gusto tardobarocco/rococò, nella postura teatrale e nella trattazione morbida delle superfici. Eseguita con ogni probabilità da Carlo Beretta (1687-1763) come allegoria religiosa per il Duomo di Milano, venne modificata nei dettagli iconografici per farne un soggetto profano.

Nella parte centrale del giardino si trova un gruppo di sculture, la cosiddetta “Caccia al cinghiale”, opera novecentesca dello scultore Agenore Fabbri (1911-1998). Realizzato nella tecnica della terracotta a gran fuoco, il gruppo fu creato dall’artista per la Triennale di Milano del 1949, dove venne acquistato dall'Amministrazione Comunale, che nel 1955 lo destinò alla nascente Biblioteca. Fu lo stesso scultore a occuparsi personalmente della complessa ricollocazione delle statue nel giardino.
Il gruppo è composto da tre figure disposte secondo i vertici di un triangolo: due uomini a cavallo armati di lance nell’atto di cacciare un poderoso cinghiale. La lotta feroce e l’accentuato dinamismo del gruppo suggeriscono una riflessione dolente sul tema della vita e della morte, che scaturisce dalla drammatica esperienza della guerra da poco conclusa, tema che segna l’opera e la sensibilità dello scultore, come quelle di tutta una generazione di artisti.

Altre due statue di ignota attribuzione e provenienza sono ospitate nella parte occidentale del giardino.

Dal 2017 il giardino ospita il prototipo della struttura “Lanterna di Parole” di Sabrina Baroncini e Marco Micheletti. L'opera ha vinto il concorso di idee “Design verde” per la progettazione e realizzazione di arredi per la lettura e la scrittura in ambienti verdi urbani, nell’ambito del progetto “Parco delle Lettere”. 

Dal 2019 il giardino è intitolato all’editore Alberto Mondadori (1914-1976).

 

> torna a Arte a Palazzo